I giovani e le politiche del Comune di Milano
Leggo sul Corriere che un letto (non una stanza!) per studente a Milano costa 700 euro al mese!
E il Sindaco Sala tuona: “intervenga lo Stato!”.
Ma è stato lo Stato a creare la bolla immobiliare milanese che ha fatto crescere follemente i costi immobiliari e ad espellere le famiglie milanesi che non li possono sostenere? (Lavoratori che poi, se non hanno accesso a un mezzo pubblico, tornano come pendolari e vengono vessati con le aree B e C!).
È stato lo Stato ad imporre al Comune di Milano un PGT che ha consentito uno sviluppo immobiliare anomalo?
È stato lo Stato a consentire l’abbattimento di tanta edilizia dotata dell’equilibrio tipico della tradizione milanese (vedi palazzina liberty appena demolita) per costruire anonimi palazzoni fuori scala, del tutto estranei all’architettura civile milanese?
È stato lo Stato a imporre la costruzione degli anonimi (sempre più anonimi quanto più si sforzano di essere originali) grattacieli sorti a Milano?
È stato lo Stato ad imporre il fondo del Quatar perché spadroneggiasse sulla città?
Eppure il concetto di bolla immobiliare dovrebbe essere ben conosciuto.
Perché dunque lo Stato dovrebbe intervenire con i soldi dei contribuenti?
Dalla Giunta Moratti in poi Milano è aumentata di 200.000 abitanti (e quindi di 100.000 auto da parcheggiare – si veda lo studio sul nuovo piano parcheggi), violando il patto storico che manteneva in equilibrio la popolazione milanese con quella dell’area urbana circostante.
Perché il Sindaco non ha aumentato gli oneri di urbanizzazione (i più bassi tra le grandi città) per costruire case dello studente?
Ora anche le università temono l’abbandono degli studenti.
Cosa pensa di fare?
Una donna in bicicletta è stata investita e uccisa da un mezzo pesante alla svolta a destra da un semaforo.
Il nostro Sindaco ha detto: i mezzi pesanti devono montare telecamere per vedere l’angolo cieco alla svolta a destra.
Ma da sempre si sa che i camion hanno il problema dell’angolo cieco. E infatti le piste ciclabili si fanno diversamente.
Una volta dovevano essere protette da un cordolo, ma poi un inopinato cambio delle norme ministeriali lo ha eliminato.
Ma si possono trovare altri sistemi, già in uso altrove: sfalsare la lunghezza delle piste ciclabili con le corsie dei veicoli (in avanti o indietro), cicli semaforici diversi per biciclette e veicoli in svolta a destra.
Ma soprattutto la tecnica internazionale vuole che le piste ciclabili, se non protette, non siano realizzate sulle strade principali, ma solo su quelle secondarie o zone 30.
Così è in gran parte dell’Europa. Parigi, che sovente ispira Milano, non fa così, però almeno protegge le piste con una serie di colonnine (si veda rue de Rivoli), oppure le traccia contromano.
A Milano, invece, in viale Monza il carico e scarico si fa sulla pista ciclabile; chi scende da un taxi in via Visconti di Modrone rischia di sbattere a terra un ciclista. E questi sono solo alcuni esempi.
Ci sono mille norme di buona realizzazione più semplici ed efficaci, piuttosto che installare telecamere su ogni camion.
Ma il fatto è che Milano usa le piste ciclabili per fare la guerra alle auto (altrimenti non le metterebbe sulle strade più trafficate) e si sa che in guerra quello che perisce è il soldato (ancorché inconscio del suo ruolo) più debole e meno protetto.
Giorgio Goggi
(giovedì 11 maggio 2023
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