Non voto, la democrazia si esprime anche così
L’unico dato rilevante di questa tornata elettorale è la bassissima affluenza alle urne. Il resto era tutto abbastanza scontato.
Il centrodestra stacca i candidati del centrosinistra di oltre 20 punti. FDI vola sull’onda del successo delle politiche. Il Pd tiene, cresce persino un po’ rispetto alle politiche, cannibalizzando le liste della sua coalizione, ma ci sta, in una competizione come quella delle regionali molto “clientelare”. Renzi e Calenda spariscono dalla scena.
Il dato delle astensioni, ben al di sotto della soglia simbolica del 50%, indica che siamo ad una svolta che potrebbe non essere negativa.
Quindi vince la politica che non c’è. Quella che c’è, è massacrata dall’astensionismo.
E al di là dei luoghi comuni, i cittadini hanno scelto democraticamente di non andare a votare, fuori dalla retorica che andare a votare è un diritto e un dovere.
Quella che nelle ultime ore, via mail, via whatsapp e con dichiarazioni di ogni genere si sono sperticati a ripetere tutti i maggiori leader. Gli elettori se ne sono bellamente fregati. Si sono girati dall’altra parte. È un male? Dipende dai punti di vista.
No, forse No. Se rispettando il volere degli elettori si cercasse di vedere i lati positivi e le ragioni profonde di questa scelta.
Il popolo italiano ha detto un No secco alla bassa qualità della politica attuale.
Ha messo in evidenza la crisi del sistema. Ha detto un chiaro No alla logica ormai moribonda dei vecchi schieramenti. Ha rifiutato di andare a votare perché “tanto non cambia nulla, fanno sempre quello che vogliono, ed in fondo sono tutti uguali”.
È qualunquismo questo? Non necessariamente. E’ la reazione cosciente a dati assolutamente oggettivi. E in aggiunta, ha detto un No chiaro nei confronti di un’istituzione, quella regionale, che è vissuta solo come centro di potere e di spesa.
Un No secco a quella straordinaria “trovata” di circa trent’anni fa: l’elezione diretta dei Presidenti di Regione e dei sindaci, che avrebbe dovuto accrescere la partecipazione al voto anziché diminuirla.
Un segnale forte, se si avesse un po’ di coerenza, per buttare al macero ogni velleità presidenzialista o semi presidenzialista, con annesse e confuse autonomie differenziate.
Ma i cittadini hanno detto soprattutto No ai partiti che sono ormai contenitori vuoti e autoreferenziali. Questione che nessuno affronta con la dovuta serietà.
Chissà perché, nonostante le tante celebrazioni della nostra Costituzione, arrivate fino a Sanremo, dell’articolo 49 non ne parla più nessuno.
Per non prendere atto che la degenerazione politica si è consumata trionfalmente con la nascita dei partiti personali, con la nascita di partiti strutturalmente indecifrabili, retti da regole interne farraginose, o nessuna regola, o con regole interne che non garantiscono alcuna vita democratica, né il rispetto dei propri aderenti. E con la patetica presenza delle cosiddette liste civiche, che nascono e che muoiono di volta in volta, affinché ogni coalizione debba avere la propria, per aggiungere qualche voto incolore in più al proprio schieramento.
Con l’aggravante che nonostante l’elezione diretta dei Presidenti di Regione, il panorama ci ha messo sul tavolo candidati senza carisma, e nelle liste, salvo poche eccezioni, candidati estratti dal mazzo di chi ancora, forse ingenuamente, è disposto a occupare una poltrona per un lavoro pressoché inutile. Come è inutile ricoprire la carica di consigliere regionale, comunale e persino parlamentare, se il sistema si è talmente degenerato, e ormai contano solo i poteri esecutivi.
La crisi profonda è quindi nell’assenza dei partiti con una, non dico forte, ma almeno riconoscibile identità. Quelli ai quali la Costituzione assegnava loro un ruolo decisivo per il bene del paese: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.
Un tema centrale della vita politica che, dopo tanti messaggi, meriterebbe quello autorevole alle Camere del Presidente della Repubblica.
Perché si cambi rotta. Perché il Paese si svegli.
E perché se c’è ancora in campo qualcuno che sente responsabilmente il peso della gravità della situazione, non solo opportunisticamente o di facciata, faccia sentire la propria voce.
Scopra il velo dell’ipocrisia con il quale il paese è stato costretto a convivere per trent’anni, e venga fuori la verità.
Si scoprano le carte truccate della Seconda repubblica. Quella che avrebbe dovuto con le sue riforme costituzionali ed elettorali garantire più partecipazione e consenso.
Quella che buttando via i partiti, senza alcuna vera riforma di sistema, ha sostituito il passato con niente.
Quella che ci ha portato al risultato di oggi e che obbligherebbe tutti a ripartire da zero. Diversamente, l’alternativa senza risposte non promette nulla di buono.
Roberto Biscardini
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