Critica Sociale - Portale della Rivista storica del socialismo fondata da Filippo Turati nel 1891
Critica Sociale ha ottenuto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica

Dalla guerra giusta alla Giustizia sui crimini di guerra

Pubblicato: 16-11-2023
Rubrica: Tempi Moderni
Dalla guerra giusta alla Giustizia sui crimini di guerra

Nonostante la posizione durissima del Segretario Generale dell’ONU Guterres contro Israele e le deliberazioni dell’Assemblea dell’ONU per una tregua dei bombardamenti su Gaza, le manifestazioni antisioniste che hanno interessato molti paesi occidentali; la minacciosa posizione dei Paesi del medio Oriente  contro i bombardamenti su Gaza, che sta causando migliaia di morti di civili di cui oltre 4500 sono bambini; perfino alla richiesta di una tregua umanitaria chiesta anche dal suo più stretto protettore, Biden,  Israele risponde che sta conducendo una” guerra giusta” contro Hamas. Non si creda che sia un’astrazione categoriale quella del riferimento alla guerra giusta, poiché si tratta di un concetto dottrinario riconducibile ad una riflessione teologica della morale cristiana, che indica le condizioni per dichiarare, condurre e vincere una guerra: «bellum non est per se inhonestum» (la guerra non è di per sé spregevole.», e quindi è lecita e morale per un cristiano. Ecco, per un cristiano!

La Guerra giusta è una dottrina rielaborata da Tito Livio e da Cicerone, e si riferiva ai conflitti armati tra Romani e altri popoli.  Cicerone dedica molte pagine De re publica al tema della guerra, un interesse che lo eleva a teorico del bellum iustum, che contrappone al bellum iniustum. La guerra giusta deve avere pertanto una giusta causa, per riparare delle offese, ad esempio per punire invasioni nei confini di Roma, aver maltrattato o ucciso legati o ambasciatori romani, per contrastare i nemici e contro eventuali minacce da parte di un popolo straniero che si sposta troppo verso i confini, o quando viene attaccato un popolo alleato. Va da sè che ci vuole poco per ingigantire o semplicemente inventare una giusta causa, oppure trasformare una giusta causa in una vendetta risolutiva, costi quel costi in vite umane. E’ difficile mettere in dubbio la fondatezza della tesi di Israele circa la guerra giusta, ma compiremmo una violenza della ragione e della morale non evidenziare come nella conduzione di questa guerra Israele abbia violato ogni norma di moderazione e proporzione.

Si deve, infatti, considerare l’importanza della cornice morale dentro di cui deve applicarsi la teoria della guerra giusta, un’elaborazione di elevato valore culturale e giuridico che ha guidato il pensiero occidentale per secoli fino a dare configurazione ad un quadro intellettuale e normativo che costituisce il diritto internazionale sull’uso della forza.  Si tratta di un’elaborazione teorica che parte dai filosofi Romani e prosegue nel tempo con l’approfondimento di giuristi moderni, per dotare la teoria di una guerra giusta dei criteri che con il tempo e gli approfondimenti vengono consolidati al punto da delineare quale dovrebbe essere il limite oltre il quale non si può più parare di guerra giusta.

L’esperienza delle due terribili e criminali guerre del XX secolo indusse i vincitori e i vinti a pensare e a costituire sin dal 1948 la Corte Internazionale mediante l’approvazione della Convenzione per la prevenzione e la punizione dei crimini di genocidio, (art. 6 della risoluzione n. 260) con la possibilità per gli Stati di deferire i giudizi sui crimini di genocidio ad un Tribunale internazionale appositamente costituito. Il progetto rimase in installo, causa la guerra fredda, sino al 1994, anno in cui venne costituito un apposito comitato all’interno delle Nazioni Unite. Grazie anche all’esperienza dei Tribunali per i crimini internazionali commessi nella ex Jugoslavia ed in Rwanda, si arrivò finalmente nel 1998 alla firma dello Statuto di Roma ed alla nascita della Corte penale internazionale. La Corte penale internazionale si occupa dei crimini internazionali commessi dagli individui e non dagli Stati, ed ha la propria base giuridica nello Statuto di Roma, di cui fanno parte 123 Paesi. Non sono parte della Convenzione di Roma due delle superpotenze che siedono nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU, Russia e Stati Uniti. Anche la Cina non vi ha aderito e neppure l’Ucraina ne fa parte, mentre Israele ha firmato ma non ratificato la Convenzione. I crimini di competenza della Corte sono: genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra, crimini di aggressione. Sulla base di questi principi giuridici il 17 marzo 2023 la Corte Penale Internazionale emette un mandato di arresto con l’accusa di deportazione per Vladimir Putin, presidente della Federazione Russa.

La Carta dell’ONU all’art.28 stabilisce che la Pace è un diritto umano e l’art. 51 vieta assolutamente il ricorso alla guerra. La pace proclamata dall’Articolo 28 è, per seguire Norberto Bobbio, pace positiva, intesa come la costruzione di un sistema di istituzioni, di relazioni e di politiche di cooperazione all’insegna di: “se vuoi la pace, prepara la pace”. La guerra giusta di Israele contrasta con lo stato giuridico delineato dalla Carta dell’ONU e frutto di un accordo universale. E tuttavia l’applicazione di questi principi a Israele potrebbero rivelarsi un esercizio teorico, poiché se fosse ampiamente riconosciuto che Israele ha commesso crimini di guerra , spetterebbe alla Corte Penale Internazionale dell’Aia  pronunziarsi – anche se Israele non riconosce la sua giurisdizione – , atteso che solo Netanyahu, i membri del comitato di guerra e i soldati israeliani potrebbero essere arrestati e processati in una qualsiasi delle nazioni che hanno adottato la giurisdizione per perseguire tali crimini.  E Hamas? Il 7 ottobre il gruppo terroristico ha trucidato 1700 cittadini, in modo bestiale, e contro quest’azione terrificante e disumana la reazione Israeliana ha una sua fondata giustificazione, soprattutto dal momento che i razzi continuano a volare su Israele. Certamente il salvataggio degli ostaggi israeliani detenuti a Gaza è un obiettivo prioritario e umanamente motivato e impellente.

Retto intento, il secondo criterio, significa che la forza dovrebbe essere usata per contribuire a stabilire la pace a lungo termine, piuttosto che per perseguire un guadagno a breve termine o politicamente egoistico o in un atto di vendetta. Anche se alcuni potrebbero sostenere che Israele sta combattendo per stabilire la pace a Gaza da una posizione di forza e dominio, le azioni israeliane possono essere facilmente messe in discussione. I governi del primo ministro Benjamin Netanyahu hanno una scarsa storia di autentica ricerca della pace, anche con la più flessibile Autorità Palestinese e anche con la road map degli Accordi di Oslo. Israele ha riconosciuto la soluzione dei due Stati sostenuta dagli Stati Uniti, ma l’attuale governo non ha fatto alcun progresso verso la sua attuazione, e diversi ministri si oppongono attivamente a tale piano. Invece, la crescita costante degli insediamenti ha portato alla confisca di fatto della terra palestinese.

Il mondo non guarda a queste sottigliezze giuridiche, polarizza le posizioni pro o contro Israele e spesso si esprime a favore di Hamas. Un’altra parte, la più responsabile valuta il grande rischio di una guerra più ampia, con uno scontro a fuoco già in atto lungo i confini di Israele con Libano e Siria, e un’escalation di violenza in Cisgiordania. Senza ignorare i danni alle relazioni estere di Israele: la sospensione dei colloqui di pace con l'Arabia Saudita e il possibile ritiro dagli accordi di Abraham, che Israele ha recentemente firmato con alcuni stati arabi con l'obiettivo di normalizzare le relazioni. Ecco perché la proporzionalità dei mezzi è un principio importante da rispettare durante i combattimenti, soprattutto i continui assalti agli ospedali, ag.i asili nido e alle scuole. Le vittime civili e i danni a Gaza sono stati di gran lunga superiori a qualsiasi vantaggio militare ottenuto da Israele e quindi non proporzionati. Richiedere l’evacuazione quasi immediata di metà della popolazione di oltre due milioni di abitanti nella parte meridionale della Striscia di Gaza è stata una imposizione di elevata disumanità, soprattutto perché i corridoi di viaggio sono estremamente pericolosi. Israele ha attaccato Gaza, compresa la parte meridionale, con ferocia. Il bilancio delle vittime è di molte migliaia e sta aumentando in modo preoccupante.

Israele afferma di non prendere deliberatamente di mira i civili, ma questo è difficile da conciliare con il livello estremo di morte e distruzione registrato nel primo mese della sua risposta, compresi i bombardamenti che distruggono interi condomini. Inoltre, significative sofferenze umane sono derivate dalla carenza di elettricità, acqua, cibo, carburante e forniture mediche a Gaza a causa del blocco israeliano. Gli aiuti umanitari sono soffocati da settimane. Un'agenzia delle Nazioni Unite ha affermato che più di 100 dei suoi dipendenti sono stati uccisi e almeno una scuola delle Nazioni Unite è stata bombardata.

La teoria della guerra giusta, alla luce di questi avvenimenti indebolisce l’istituto giuridico della Carta dell’ONU a difesa della vita umana, e in quella sede lavorare per cercare di trovare le soluzioni che aiutino i due popoli a definire i parametri di una loro convivenza.  Per questo la condotta di Israele sarà giudicata non solo dai teorici ma anche dalle nazioni e dai popoli del mondo. Aiuterà anche a determinare il posto di Israele nella storia. Si spera che questa prospettiva spinga il governo israeliano verso la pace e verso soluzioni diverse dalla guerra, alla quale sembra affidare la sua esistenza e il suo futuro.

Alberto Angeli

Condividi

Facebook Twitter WhatsApp Telegram E-mail

Ultimi articoli della rubrica...

Archivio...