Uno strumento di lotta politica per il socialismo
di Roberto Biscardini
In una fase in cui sono palpabili le difficoltà in cui versa la sinistra politica, priva di identità e di progetto, sommersa dalle macerie che essa stessa ha contribuito a produrre, aumentano, finalmente, le attenzioni e gli interessi nei confronti di ciò che una volta avremmo chiamato “cultura socialista”. Nuovi appelli, nuovi documenti, nuove dichiarazioni...
Segnali da non sottovalutare a condizione che la discriminante sia chiara, e che non sia una operazione di puro maquillage, tanto per tirare a campare.
Oggi il socialismo può rinascere solo stando dalla parte di tutti coloro che contestano l’ordine esistente, dall’altra stanno coloro che questo ordine esistente lo difendono o pensano che siano sufficienti semplici correttivi.
Abbiamo bisogno di un partito socialista di sinistra. Ed é ai contestatori dell’ordine esistente che alcuni di noi si sono rivolti con il breve documento “Per una alternativa socialista”, facendo di questa discriminante il punto centrale della ricostruzione di una forza socialista. Affinché si possa affrontare con una certa sicurezza il futuro e rispondere con urgenza ai bisogni degli italiani.
Senza una sinistra socialista la destra potrà fare tutto ciò che crede, senza conoscere alcuna vera reazione. Peggiorerà lo stato della nostra democrazia, conosceremo maggiore ingiustizia sociale e maggiori diseguaglianze.
Ecco perché la questione socialista ritorna centrale: dare una rappresentanza politica alla sinistra, ricostruendo una forza autenticamente socialista, con la sua riconoscibile identità. Un nuovo partito socialista. Con le idee chiare: i conservatori da una parte, i socialisti dalla altra; capitalismo e liberismo da una parte, socialismo dall’altra.
Come? Il percorso non è né facile né breve. Ma non impossibile.
Certo, non basta cambiare nome ad un partito esistente. Un grande partito socialista non può nascere dall’interno di un partito solo. Non può farlo il Pd, che da tempo si è schierato dalla parte dei vincitori. Non lo può fare ciò che resta del piccolo Psi, né le altre formazioni della sinistra tutte pressoché irriconoscibili. E meno che meno può nascere pensando ancora che sia necessario ricomporre la diaspora socialista di trent’anni fa.
Così abbiamo scritto nel nostro appello/documento pubblicato di recente sul sito di Critica Sociale.net: “Per ridare al paese un nuovo movimento socialista, occorre partire col piede giusto. Ricordando che i socialisti sono nati non per rappresentare i socialisti, ma per rispondere a una richiesta pressante che veniva dal mondo del lavoro e dalla società. Per difenderlo e promuoverlo in sede parlamentare. Per favorire, a livello locale e nella società, la formazione di istituzioni e reti di solidarietà collettiva.” Esattamente ciò che dobbiamo fare oggi.
Quindi mobilitando le persone. Incoraggiandole a muoversi per favorire il cambiamento. Cogliere i tanti segnali che pur emergono nella società. Chiamando al senso di responsabilità tutti coloro che si dichiarano disponibili a lasciare da parte vecchi rancori e antiche diffidenze, per andare oltre le proprie organizzazioni, e ritornare alla politica. Cogliendo gli stimoli di chi, politici e intellettuali ormai sostanzialmente apolidi, sembrano cogliere la gravità della situazione.
Per dirla con l’ultimo rapporto Censis, intercettando la stragrande maggioranza delle popolazione che non sopporta più il gap tra gli stipendi dei grandi manager e quelli degli operai o impiegati. Che é preoccupata della crisi economica e vede di fronte a se un futuro peggiore. Vorrebbe un po’ di serenità, ma pensa di non poterla avere più per il resto della vita. Quella maggioranza della popolazione che, al di là dei nostri governati, vive il dramma della guerra e vorrebbe un impegno della politica perché possa finire in fretta. Che conosce i pericoli della cultura della guerra, e che, prima ancora della cosiddetta sinistra, sa benissimo che la guerra sposta l’asse della politica a destra, favorendo conservatori e reazionari, favorendo chi ha di più rispetto chi ha meno. Quindi, come dice il Censis, viviamo in una fase in cui cova la rabbia senza reazione, senza nessuno che sia in grado di dare uno sbocco politico a questa rabbia silenziosa.
Ma fino a quando?
Oggi chi vuole ritornare alla pratica del socialismo nella società e nelle istituzioni può contare su uno strumento in più. Una rivista alle prime battute. Critica Sociale che esce con una nuova veste e un proprio sito. Perché come nel 1892 anche dall’impegno di una rivista può nascere il nuovo partito.
Una rivista di lotta, al servizio della politica.
Partendo come allora dall’attualità. Una rivista che sa intercettare il Socialismo che si costruisce tutti i giorni e nei fatti. Una rivista del Socialismo senza aggettivi, aperta a contributi diversi, che intercetta, attraverso il lavoro che tanti compagni possono fare sul territorio, quanto di più importante si muove positivamente nei luoghi di lavoro, nelle fabbriche, nelle campagne, nel sindacato, nelle università. Contro un liberismo molto più aggressivo di un tempo. Per difendere il potere di acquisto dei salari, riaprendo la battaglia per salari più equi. Per difendere le pensioni, per difendere il welfare, la scuola pubblica e la sanità pubblica. Contro ogni forma di sfruttamento. La rivista della lotta concreta alla disoccupazione e alle diseguaglianze. Che intercetta il bisogno di ridistribuzione della ricchezza e denuncia le sacche di lavoro povero e di tutto ciò che aumenta l’impoverimento delle fasce più deboli.
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