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Paolo Pillitteri, esuberante e riservato

Pubblicato: 06-12-2024

Un ritratto dell'ex sindaco socialista di Milano scomparso ieri

Come si vede nella foto che pubblichiamo, Il TIME per la prima volta segnalava Milano come la città in ascesa a livello internazionale, al pari delle altre grandi metropoli, non per dimensioni ma per qualità della vita e per dinamismo, pur legata alla sua tradizione (la fontanella dell'acqua che Pillitteri orgogliosamente ricorda). Un po' sul modello londinese.

Certo, il suo successo è sato "costruito" su basi solide delle precedenti giunte rosse milanesi volute da Craxi, in contrasto con Berlinguer che preferiva l'accordo con la DC. Ultimo sindaco di quella stagione, Carlo Tognoli che, come egli amava ripetere, aveva fatto più lui per Milano che Maria Teresa d'Austria.

Pillitteri fu decisivo per la nascita delle giunte di sinistra di Milano, provenendo dal PSDI e approdando al PSI. Conobbe la sorella di Craxi ben prima che il rapporto si intrecciasse con la sua posizione politica. Era già un leader prima di conoscere il futuro segretario del PSI e fu il caso che li fece incontrare.

Essere "il cognato di..." fu più uno svantaggio che un vantaggio: ogni realizzazione e ogni nuova iniziativa era vista come risultato di luce riflessa anzichè come "farina del suo sacco".

È stato un grande assessore all'Urbanistica e soprattutto alla Cultura portando politiche innovative reali piuttosto che titoli sui giornali.

Effervescente e scanzonato, rappresentava bene, anche per personalità e simpatia, il momento magico di Milano, prima della rovinosa inchiesta di Mani Pulite che ha ripiombato la città nella depressione economica e pìsicologica. Poco contro questa corrente suicida ha potuto fare il suo successore, per breve periodo, Piero Borghini.

La persecuzione giudiziaria lo ha stretto in una morsa e, come per tutti i socialisti milanesi, lo ha gettato nel cratere del golpe mediatico gudiziario preparato nell'ambasciata e nel consolato americano.

Editore con gli altri "autonomisti" della Critica Socale fino al 1992, dovette interrompere l'attività che amava, quella del gornalismo e in particolare quella della critica cinematrografica che firmava sull'Avanti!. Tra i migliori studiosi di Anna Kuliscoff - di cui era un fanatico ammiratore - ha pubblicato sulla madre del socialismo italiano tre libri. Ha fatto molto, non solo a Milano, ma se n'è saputo pubblicamente troppo poco. Attivissimo nella ideazione e nella realizzazione di grandi eventi culturali nazionali in cui compare poco come il vero protagonista. Ha portato al Centro Internazionale di Brera Vaclav Havel, ancora scrittore del dissenso ungherese prima di divenire Presidente del proprio Paese dopo la fine del Patto di Varsavia.

In conclusione, di Paolo Pillitteri s'è parlato, nel clima di linciaggio ventennale, più a sproposito che nel merito della sua inventiva e sensibilità culturale sempre applicata a progettualità. Una "malavoglia"  quella dei suoi detrattori - oggi sfumata nel nulla, quando non attoniti per la scomparsa di un protagonista che per quanto diffamato, loro stessi oggi scoprono di aver amato. Come quel giornalista che implorò un suo intevento per avere un appartamento per la nascita di suo figlio, al Pio Albergo Trivulzio e che, ottenuto il favore, divenne tra i suoi maggori insolenti che, senza rancore ma con spirito, Pillitteri segnò con il timbro di "che fine ha fatto quello che era tutto Casa e Chiesa?"

Stefano Carluccio

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