Monica Fioravanzo, Lina Merlin
Pubblicato: 26-07-2024
Monica Fioravanzo, Lina Merlin. Una donna, due guerre, tre regimi, Franco Angeli, Milano 2023, pp. 194, € 27
Monica Fioravanzo, docente di storia contemporanea all’Università di Padova, ci restituisce con questo libro la complessità della figura di Lina Merlin. Nata a Pozzonovo (Padova) nel 1887 da una famiglia della media borghesia, maestra elementare abilitata all’insegnamento della lingua francese, la Merlin si iscrisse al Psi nel primo dopoguerra, attratta in particolare dagli ideali umanitari e sociali, in particolare dall’opposizione al conflitto mondiale (in cui Lina aveva perso il fratello Mario). Come disse nel 1956 in un discorso alla Camera, «se io sono socialista, lo sono diventata non solo per aver studiato delle teorie, ma per comprensione dell’estrema miseria di cui vedevo afflitta una gramde parte del popolo italiano. Pensavo che da questa miseria il popolo italiano non potesse riscattarsi che per forza propria e non già per il paternalismo di gente che non ha mai capito niente, o non ha mai voluto capire niente, delle cause della miseria». Una convinzione cui cercò di restare fedele per tutta la vita. Nominata segretaria del comitato elettorale veneto, partecipò in prima fila alla campagna elettorale per le elezioni politiche del 1924, contrassegnata dalle violenze fasciste che portarono all’uccisione di Giacomo Matteotti, alla cui memoria fu sempre particolarmente legata (pur essendo rimasta, dopo l’espulsione dei riformisti nell’ottobre 1922, nelle fila massimaliste). Nel 1926 fu dichiarata decaduta dall’insegnamento per il suo antifascismo e condannata nello stesso anno a cinque anni di confino in Sardegna. Trasferitasi a Milano (dove si sposò con l’ex deputato socialista Dante Gallani), visse dando ripetizioni e diede vita, nel novembre 1943, ai Gruppi di difesa delle donne. Membro della Direzione del ricostituito Partito socialista, il 2 giugno 1946 fu eletta all’Assemblea costituente, dove si impegnò nella terza sottocommissione (quella sui “Diritti e doveri economico-sociali”), partecipando alla stesura dei futuri articoli 36, 37 e 38 della Carta costituzionale. Senatrice eletta in Polesine (terra allora poverissima e soggetta a continue inondazioni) nel 1948 e nel 1953, passò poi alla Camera, dove fu protagonista, nel 1958, dopo un iter parlamentare durato dieci anni, dell’approvazione della legge per l’abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della stessa che prese il suo nome: una legge per l’epoca «rivoluzionaria, innanzitutto perché presentata da una donna (…) in netta opposizione con la mentalità tradizionale e al tempo di fatto ancora dominante, e pure fra larga parte delle donne» (p. 131). Nel frattempo si erano però acuiti i contrasti, soprattutto a livello locale, con la dirigenza del suo Partito, che lasciò quindi nel 1961 per poi cessare, due anni dopo, anche la carriera parlamentare, ritirandosi a vita privata a Milano, grata, come scrisse nella sua autobiografia, «all’operosa città che mi permise di reinserirmi nella vita di lotta e di lavoro quando pareva dovessi affogare». Tornò improvvisamente (e sorprendentemente, se non fosse per l’evidente distanza da tutte le tematiche neofemministe) alla ribalta all’inizio degli anni ’70, quando accettò la vicepresidenza del comitato promotore del referendum abrogativo della legge sul divorzio, giustificando la propria posizione con la necessità di tutelare, all’interno della famiglia, i soggetti più fragili (p. 139), cosa che in realtà sarebbe comunque avvenuta, da lì a poco, con l’approvazione del nuovo diritto di famiglia. Morì a Padova nel 1979. Dal 2014 le sue ceneri riposano presso il Famedio del cimitero monumetale di Milano.
Giovanni Scirocco
Giovanni Scirocco
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