La foto di Egnazia e le elezioni europee
Pubblicato: 15-06-2024
Un gruppo di leader sconfitti perché lontani dalla gente
Guardateli, i partecipanti all’ultima riunione del G7. E sappiate che non saranno i protagonisti del nostro futuro, anche prossimo. E non solo perché, fatta eccezione della padrona di casa, tutti gli altri sono destinati alla sconfitta o, comunque, ad un ridimensionamento del proprio ruolo. Ma anche perché i loro progetti/manifesto (che si tratti della “pace vittoriosa”in Ucraina o di quella in Medio Oriente, del rilancio dell’occidente e dei suoi valori o, magari, della lotta contro i cambiamenti climatici) erano scritti sulla sabbia, così da ridurre praticamente a zero l’interesse e la partecipazione della gente.
In Europa, ciò si è tradotto nella più bassa partecipazione al voto che, attenzione, non ha nemmeno dato luogo alle rituali lacrime di coccodrillo (forse perché scontata e, sotto sotto, auspicata). Mentre la natura stessa di questo voto, come nelle circostanze precedenti, è stato un giudizio non sul governo europeo ma su quello del proprio paese.
Pure, non mancavano le sfide che, almeno nelle intenzioni delle (si fa per dire) élites europee avrebbero dovuto spingere la gente a votare.
Occidentalisti/bidenisti contro pacifisti/putiniani. Europeisti contro sovranisti. Popolari contro socialisti. Destra contro sinistra. Moderati contro estremisti. Democrazie liberali contro regimi autoritari, E, infine, per i patiti dell’argomento, riformisti contro tutti (e nessuno).
Molte sfide. Nessuna veramente coinvolgente. Nessuna vincente. Mentre la destra radicale si afferma quando è all’opposizione; ma cala vistosamente quando, come nei paesi nordici e in Portogallo, è nell’area di governo.
Ma, se è per questo, non hanno vinto nemmeno i buoni. Cresce, sì, la sinistra radicale ma non estremista; spesso, ma non sempre, di matrice socialista. Ma in misura ancora limitata e su posizioni diverse. Resiste, sì, la componente socialista. Ma grazie al voto di opposizione dei paesi mediterranei; mentre aumentano le difficoltà nelle terre d’elezione dell’Europa centrale e settentrionale. E, infine, stenta a manifestarsi il movimento pacifista: sia per quanto riguarda la centralità della questione sia a livello delle forze che l’hanno posta al centro della loro iniziativa politica.
Stiamo parlando di noi. E di una fase politica di stallo ma anche di torbidi sempre più pericolosi. Dove la conclamata superpotenza mondiale ha perso il controllo di sé stessa e della situazione fino al punto di essere spinta verso l’abisso, in Ucraina e nel Medio oriente, da coloro cui ha delegato il compito di difendere l’occidente e la democrazia. E dove la gente che ha votato ma anche e soprattutto quella che non ha votato non vive nel timore di una guerra ma non crede nella possibilità della pace; e, soprattutto, si fa sempre più persuasa che l’esercizio stesso della democrazia sia inutile.
E, allora, il nostro compito fondamentale è di recuperare, anzi di rendere esistenzialmente evidente il legame indissolubile tra pace e democrazia. In tutte le forme, in tutte le sedi e partecipando a tutte le possibili esperienze e con chiunque sia disposto a viverlo insieme a noi.
Così nacque, alla fine del diciannovesimo secolo, l’internazionale socialista. Così potrebbe tornare in vita oggi.
Alberto Benzoni
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