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Più che sulla separazione delle carriere la Schlein alzi le barricate sul premierato

Pubblicato: 18-05-2024

Non serve al Pd essere il partito dei pubblici ministeri

Si è aperto lo scontro tra il governo e magistratura sul tema della separazione delle carriere. Non è il primo. È uno scontro che dura da anni, che ha visto sempre vincere la magistratura, e la politica, i governi e i ministri perdere. Intimiditi dalla Anm che ancora oggi dichiara: “sulla separazione delle carriere non si tratta”. Ma perché mai bisognerebbe trattare con loro se vige il principio fondamentale della separazione dei poteri che loro stessi invocano?

Negli anni abbiamo conosciuto tanti Ministri della giustizia che hanno sostenuto la separazione della carriera e quando sono arrivati al dunque, hanno iniziato a trattare. Hanno dato ai magistrati un dito e loro si sono mangiati il braccio, anzi si sono mangiati il ministro tutto in una volta. Dal ‘94 in poi è successo a quasi tutti i governi, compresi quelli di Berlusconi, eletti per portare a casa questo obiettivo, hanno poi rinunciato scappando a gambe levate. Voglio ricordare che noi socialisti abbiamo sostenuto la separazione delle carriere tra magistratura inquirente e magistratura giudicante pressoché da sempre, almeno dagli ultimi quarant’anni. Abbiamo fatto precise proposte in sede Bicamerale, e ci siamo dedicati per anni con serietà e competenza. Ricordo personalmente negli anni 2000 le iniziative fatte perché si potesse arrivare alla separazione delle carriere con una modifica costituzionale, ma anche senza, con una semplice legge ordinaria. Tesi sostenuta peraltro dalla Corte Costituzionale quando consentì l’ammissione di un referendum abrogativo che prevedeva l’introduzione della separazione delle carriere per via ordinaria.

Anche per questo non cambio idea. Lo scontro di questi giorni non lascia dubbi e la separazione delle carriere, checché ne dicano i magistrati, non mette assolutamente in discussione l’autonomia della magistratura, ma rappresenta un primo passo per garantire la difesa del cittadino contro una giustizia spesso ingiusta e nello stesso tempo evitare alla magistratura facili strumentalizzazioni.

Se la contrarietà alla separazione delle carriere parte dalla convinzione che “sia l’anticamera della sottomissione dei pm al governo e della compromissione dell’obbligatorietà dell’azione penale”, e quindi parte dalla preoccupazione che questa riforma possa rafforzare il governo Meloni, la battaglia vera dovrebbe essere spostata su altri fronti. Quella che la sinistra non ha ancora fatto veramente. La battaglia contro il premierato e per una riforma elettorale di tipo proporzionale con le preferenze, per garantire la libertà di scelta dei cittadini e per avere un parlamento eletto direttamente dal popolo, non dalle segreterie dei partiti. Purtroppo sul punto anche la sinistra sembra ancora ferma al Rosatellum, notoriamente incostituzionale.

Roberto Biscardini

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