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Nerio, compagno e amico

Pubblicato: 14-02-2024

Si sono svolti a Torino i funerali di Nerio Nesi. Pubblichiamo il testo del breve saluto che ha voluto indirizzargli Giovanni Scirocco

Nerio era nato a Bologna, nel quartiere popolare di Corticella, da una famiglia operaia, ma si era trasferito nel dopoguerra a Torino, per lavorare prima alla Rai, nel settore amministrativo e poi all’Olivetti, come capo dei servizi finanziari.

Teneva molto a queste sue radici, perché molto aveva preso da entrambe: era emiliano per l’amore per la buona tavola, la bonaria ironia, il gusto degli aneddoti; piemontese per la galanteria, la serietà e il rigore, che talvolta diventavano severità, nei rapporti professionali, politici e anche personali (sicuramente mi rimprovererebbe se mi vedesse qui senza giacca e cravatta e non escludo che lo faccia stanotte, venendo a tirarmi i piedi…).

Va però citata almeno un’altra città del suo cuore, Venezia (per la quale si è speso molto, anche come ministro dei lavori pubblici) e una patria elettiva, la Spagna (per il cui ritorno alla democrazia ha rischiato anche personalmente, tenendo i contatti e sostenendo materialmente gli antifascisti spagnoli in clandestinità, attività per cui fu insignito personalmente da re Juan Carlos di un’alta onorificenza cui teneva molto).

Nerio ammetteva, senza problemi e con riconoscenza, di essere stato, al di là dei suoi indubbi meriti (la capacità di lavoro, la preparazione e la pronta intelligenza nel cogliere il senso dei problemi) un uomo molto fortunato. Prima di tutto, per le due compagne della sua vita: Graziella (fine traduttrice dal francese, che gli aveva fatto conoscere il mondo della letteratura e dell’arte) e Patrizia (con la sua capacità di smussare i lati più spigolosi del carattere di Nerio, che pure c’erano, e che gli è sempre stata vicino in questi anni, con la sua famiglia, le sue capacità di medico e l’amore di moglie).

E poi per aver incrociato nel suo percorso tre grandi maestri: Edoardo Volterra (con cui si laureò in diritto romano all’Università di Bologna e che lo raccomandò per l’assunzione alla Rai), Adriano Olivetti (che l’assunse personalmente e di cui fu esecutore testamentario) e Riccardo Lombardi (che lo introdusse alla vita politica. Entrambi avevano avuto, prima di approdare alla militanza socialista, una comune formazione cattolica che però Nerio, a differenza di Lombardi, non abbandonò mai).

Da tutti e tre Nerio imparò una cosa fondamentale, che gli servì in tutti gli incarichi di grande prestigio e importanza che ha ricoperto (presidente della BNL, deputato e ministro) e che non si stancava di ripetere a tutti coloro, soprattutto giovani, con cui entrava in contatto: l’uomo che si rapporta con il potere deve sempre ricordarsi di cosa si ha di fronte e, soprattutto, di avere a disposizione, quando serve, la più semplice e breve delle parole: no.

Anche per questo, e per il fatto di non aver mai scordato le proprie origini, Nerio non appartenne a quella categoria di uomini così descritti da Francesco Bacone: Gli uomini investiti di un grande potere sono quasi estranei a loro stessi; smarriti nel turbine degli affari che cagionano loro continue distrazioni, non hanno il tempo di ripiegarsi su se medesimi per occuparsi della loro anima e del loro corpo

Il socialismo di Nerio aveva il suo fondamento essenzialmente in questa sua concezione del potere e nella lezione di Adriano Olivetti: La fabbrica non può guardare solo all’indice dei profitti, deve distribuire ricchezza, cultura, servizi, democrazia.

E’, in fondo, la concezione della “società diversamente ricca”, così cara a Riccardo Lombardi.

Utopia? Forse. Ma, come scriveva sempre Adriano Olivetti “Il termine utopia è la maniera più comoda per liquidare quello che non si ha voglia, capacità o coraggio di fare. Un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia da qualche parte, solo allora diventa un proposito”.

Tocca a tutti noi ricominciare, sempre, da qualche parte. Tu, Nerio, riposa sereno. Hai lasciato tanti bei ricordi, in molti. E se, anche lassù, non vedrai spuntare il sole dell’avvenire, consolati, ogni tanto, con la nostra Juventus.

Giovanni Scirocco

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