Violenza e democrazia
Pubblicato: 07-03-2023
Violenza e democrazia
Di Beppe Sarno
Nei giorni scorsi ci sono state due manifestazioni completamente diverse fra loro. Una a Torino dove gli anarchici in corteo, a quanto dicono le cronache, hanno fatto danni al tessuto urbano e a scontrarsi con la polizia in sostegno di Alfredo Cospito da due mesi in sciopero della fame per protesta contro il regime carcerario cui è stato assoggettato. A quanto si legge dopo un presidio pacifico sono successivamente scattate le violenze presumibilmente da parte degli anarchici incazzati. La manifestazione antifascista di Firenze ha visto l’abbraccio fra Elly, Giuseppe Conte, il segretario della Cgil, Maurizio Landini, il sindaco di Firenze Dario Nardella. E’ troppo presto per esprimere un giudizio sulla manifestazione di Firenze in esito al nuovo corso che la Schlein vorrebbe imporre al PD. Sta in fatto che una donna iscritta al PD da soli due mesi ne diventa immediatamente segretaria. Vedremo! Qualche riflessione va fatta invece sulla manifestazione di Torino. Va premesso che Alfredo Cospito va difeso per come la magistratura in ossequio ad un governo fascista su richiesta di un ministro tra i più reazionari che l’Italia abbia conosciuto e per come sia stato condannato in mancanza dei presupposti oggettivi per l’applicazione del regime dell’art. 41bis. Certo Cospito è un condannato ma non ha mai ammazzato nessuno, “per caso” dicono i magistrati.
Questo giustifica la violenza di Torino? Certamente no! Gli anarchici, si sa, fin dai tempi di Bakunin giustificavano la violenza come scintilla per far scoccare la rivoluzione; il gesto violento avrebbe spinto “il proletariato straccione” a levarsi in armi contro i padroni per impadronirsi con la violenza dello Stato. Non è andata così. Il socialismo tanto condannato da Bakunin che odiava a morte Marx ed Engels ha messo le cose a posto. Condannare la violenza però non vuol dire condannare gli anarchici ed il pensiero anarchico.
Viviamo in una società autoritaria e repressiva che ha sacrificato al profitto l’esercizio della democrazia. L’amministrazione dello stato è soffocata da un formalismo burocratico improduttivo. Il lavoro è afflitto da manipolazioni tese a rendere impotenti i lavoratori nei confronti di una classe padronale sempre più avida e prepotente; viceversa il tempo libero viene condizionato dalla speculazione e da falsi moduli di prestigio sociale improntati al consumismo più sfrenato.
In questa rappresentazione della realtà diventa facile far scoccare la scintilla della violenza. Gli anarchici oggi sono pochi, con scarsi mezzi con difficoltà e con prevedibili divergenze interne. Vivono in una società autoritaria che aiuta a far prevalere la componente irrazionale del movimento.
Chi sono gli anarchici oggi? Vecchi militanti e nuove leve, ma il pensiero anarchico con le sue bandiere nere al vento non è follia, non è criminalità. Bisogna avere rispetto per gli anarchici, quelli veri, perché l’anarchismo è umanesimo, rispetto della persona e spirito di solidarietà.
Ricordate Pinelli? L’anarchismo presuppone cultura, cioè l’acquisizione teorica del patrimonio storico politico sviluppato dalla Comune di Parigi ad oggi. La violenza di Torino è invece figlia di chi si avvicina al movimento anarchico con atteggiamento distruttivo in cui la presunzione è una maschera dell’ignoranza e dell’impotenza intellettuale. Certo gli anarchici tradizionalmente hanno un pregiudizio nei confronti nella democrazia come oggi viene intesa e forse hanno ragione a conservare i loro pregiudizi e ad essere antiparlamentaristi visto la sfascio delle istituzioni e fanno bene a non votare come hanno ragione ad essere diffidenti verso uno stato che non mantiene le promesse.
Non sta a me dire cosa debbono fare gli anarchici ma sicuramente, poiché come socialista condanno ogni tipo di violenza, essi dovrebbero elaborare una stratega d’azione anche all’interno di questo sistema democratico. La violenza se portata alle estreme conseguenze sarebbe per il movimento anarchico un suicidio inutile e diventerebbe alla fine una polemica qualunquista contro la democrazia. Farsi inquinare dal fanatismo non porta a nessun risultato . Ci sono troppi problemi su cui ragionare e dibattere: la guerra, la finanziarizzazione del lavoro, la privatizzazione delle aziende pubbliche, la privatizzazione della sanità, la solidarietà nei confronti dei migranti lasciati morire su una spiaggia, la privatizzazione delle acque pubbliche, la solidarietà con i popoli oppressi dalle guerre, la lotta contro i blocchi internazionali.
La violenza non porterà mai la gente a ragionare sula mostruosità dell’art. 41 bis se male applicato senza la garanzia dei diritti riconosciuti dagli artt. 3 e 24 della Costituzione. La violenza non aiuterà mai nessuno a dibattere sui diritti dei detenuti, a discutere sulla sanità e sui tanti problemi che affliggono la nostra società. Sono temi sui quali gli anarchici possono portare il sale di una sana provocazione e dell’azione diretta anziché lasciarli ad un ceto politico autoreferenziale che li usa per meri fini elettorali.
Per fare questo è necessario che gli anarchici escano dal loro guscio e si confrontino con chi non ne condivide fino in fondo i temi di fondo, ma che comunque gli è amico e gli anarchici di amici ne hanno, siatene certi.
L’anarchia come il socialismo non può essere il miraggio di una società perfetta da inaugurare domani grazie alla violenza rivoluzionaria, ma una rivoluzione ininterrotta all’interno della società in cui viviamo. L’azione per l’azione, lo spontaneismo violento può solo portare indietro il movimento anarchico di cento anni.
L’azione violenta non deve diventare l’alibi per non pensare. Gli anarchici fanno parte della storia del movimento socialista e gli anarchici alla scuola di Cafiero e Malatesta in Italia e in Spagna hanno imparato sulla loro pelle che cosa sia una rivoluzione.
Beppe Sarno
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