Il riformista Cuperlo fa finta che i socialisti non esistono

Sgranando la genealogia del riformismo italiano, l’eternamente candidato alle primarie e eternamente battuto Gianni Cuperlo, intervistato da Cazzullo per il Corriere, compone due squadrette. Da una parte, i pessimisti della ragione (nostra interpretazione): Salvemini, il sempiterno Croce, prezzemolino usato in ogni minestra, e, ohibò, Einaudi; dall’altra gli ottimisti della volontà (come sopra), a cui egli sostiene di ispirarsi: Gobetti (altro ingrediente universale per qualsiasi piatto), Gramsci e, ari-ohibò, Sturzo. Non nomina un socialista nemmeno per sbaglio. Che so: un Turati, un Lombardi, un Nenni, un Rosselli. Oppure, per riequilibrio di genere, una Kuliscioff (ma quando si tratta dei socialisti nemmeno il politicamente corretto aiuta). E’ il solto riflesso tardo berlingueriano: i socialisti completamente espulsi dalla storia d’Italia. E pensare che, nella prima parte dell’intervista, aveva sostenuto di leggere 5-6 libri al mese. Proprio sicuro che riesce a far tesoro di tutto quello che legge? Anche alle Frattocchie l’avrebbero spedito dietro la lavagna.
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