La precipitazione della crisi era sotto i nostri occhi
La sorprendente défaillance dell’apparato di sicurezza israeliana che ha prodotto eccidi efferati e sequestri di cittadini inermi non poteva non produrre una reazione contundente contro Hamas ed indirizzata in particolare verso il territorio di Gaza da loro controllata.
Il governo Netanyahu è parimenti sotto attacco della propria opinione pubblica per aver sguarnito la parte sud del paese privilegiando la scellerata prosecuzione della politica coloniale in Cisgiordania.
La questione palestinese viene riagitata e strumentalizzata al fine di impedire di riorganizzare un nuovo equilibrio in medio oriente fondato sostanzialmente sulla convergenza sviluppata negli Accordi di Abramo del 2020, promossi dagli Americani che hanno messo assieme Israele e gli Emirati Arabi che avrebbe aperto la strada ad una più larga pacificazione comprendente l’Arabia Saudita.
Questo sviluppo che comprende un nuovo equilibrio viene richiamato come il pretesto scatenante per giustificare un attacco così feroce e mirato e tecnologicamente avanzato di Hamas.
Alle spalle del gruppo paramilitare fondamentalista che controlla la Striscia di Gaza vi è certamente un asse che dal sud del Libano passa attraverso Teheran e arriva sino a Mosca. La Russia putiniana da sempre prudente nel giudicare il vecchio conflitto mediorientale per via dei rapporti stretti con lo Stato Ebraico ha rotto il suo proverbiale neutralismo ribadendo le ragioni dell’esistenza di uno Stato Palestinese.
La Palestina quindi, utilizzata per mettere in difficoltà il fronte euro-Atlantico già impegnato nel difendere le proprie ragioni sul fronte che sostiene la resistenza Ucraina.
La Pace “congelata” ed il conflitto a bassa intensità in medio-Oriente di cui si erano perse le tracce ha avuto un risveglio non improvviso ma inaspettato; Israele ha dovuto fare i conti con i propri mutati equilibri interni dovendo assecondare le forze più estreme ed oltranziste che sono presenti nel Governo ed ha in prospettiva una strategia difensiva che non appare limpida nei suoi intendimenti che rischia di protrarre verso l’incognita il conflitto.
D’altronde problemi come quelli del conflitto medio-orientale quando subiscono una cronicizzazione tendono a marcire. Tutto questo avviene nel quadro di disordine mondiale che si è andato determinando e che probabilmente è una delle cause delle disumanizzazioni di questo conflitto.
La globalizzazione economica, la libertà dei movimenti delle merci non ha saputo trasformarsi anche in un accordo globale di mutuo rispetto internazionale, nella pace perpetua di Kantiana memoria ma ha accentuato divisioni e diseguaglianze nel mondo tanto é vero che, sebbene attraverso l’usbergo spirituale di chi pensa di condurre battaglie in “nome di Dio”, aumentano a dismisura in questa fase i conflitti regionali che vengono utilizzati per disegni di influenza strategica in particolare nel quadrante asiatico-mediorientale.
L’Europa più che essere assente è diventata impotente e si affida alle nazioni più compatibili e ragionevoli dell’area (in testa l’Egitto ma potremmo anche aggiungere l’Arabia ed il Qatar al netto delle vistose contraddizioni di quei regimi) per poter mitigare il rischio dell’allargamento del conflitto nel quale fa capolino il ritorno di una posizione russa e cinese (ricordiamo potenze del consiglio di sicurezza delle nazioni unite) e la leadership autocrate di Erdogan ospite a questo punto desiderato all’interno della Alleanza Atlantica.
La politica democratica avrebbe il dovere di non dividersi né di separare la propria agenda che resta quella fondata sulla pace ed invitando tutti i contendenti ad un compromesso che per quanto ipocrita disinfiammerebbe le società occidentali dal rischio di importare, dopo le conseguenze negative sul piano energetico ed economico della guerra all’Ucraina, anche le conseguenze negative di una lacerazione ideologica ed un rischio di aumento delle discriminazioni razziali a causa del conflitto Israelo-palestinese.
Resta l’allerta generale contro i terrorismi usati come metodo di lotta politica così come deve restare all’erta la capacità di ridisegnare una politica ed un equilibrio possibile in un mondo che gradualmente smarrisce i fondamentali che pure furono prevalenti nella fase del secondo conflitto bellico; l’equilibrio internazionale e l’ordine smarrito devono essere l’obiettivo a cui tendere e lavorare; in particolare le forze politiche e culturali del progresso in Europa.
Bobo Craxi
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