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Kautsky e Lenin, le due vie del socialismo

Pubblicato: 21-01-2024

di Beppe Sarno

Il 21 gennaio 1924 moriva Lenin, l’uomo che ha segnato come nessun altro la storia del movimento operaio, padre della Rivoluzione d’ottobre.

Lenin era convinto che la crisi aperta dalla guerra del 15/18 avrebbe portato come conseguenza ineludibile la rivoluzione proletaria. Riferendosi ad Engels, che  sosteneva che una guerra europea avrebbe fatto saltar via parecchie teste coronate e che nessuno avrebbe potuto raccoglierle, Lenin affermava che la crisi del capitalismo che si sarebbe generata, determinando un arretramento delle condizioni di vita della popolazione “avrebbe portato con se o il dominio della classe operaia o la creazione di condizioni che avrebbero reso questo dominio indispensabile”.

In polemica con Kautsky di cui era stato inizialmente seguace, Lenin negava la possibilità di una nuova fase di dominio imperialistico e che si era aperta la fase della rivoluzione sociale per effetto della contraddizione fra le forze produttive e i rapporti di produzione.

Per Lenin la guerra era stato un motore della crisi capitalistica.

I comunisti avevano l’obbligo di intervenire in questa situazione e farsi classe dirigente delle masse entrate in conflitto con il capitale e guidare il proletariato verso la guerra civile.

Nel 1917 Lenin assumeva di essere “alla vigilia di una rivoluzione su scala mondiale”; nel 1918 scriveva “la rivoluzione è inevitabile in tutti i paesi belligeranti” e nel 1919 affermava nella sua “Lettera agli operai d’Europa e d’America”: “La vittoria della rivoluzione proletaria in tutto il mondo è assicurata. E’ vicina l’ora della fondazione della repubblica mondiale dei soviet.”

E’ pur vero che negli anni avvenire questo ottimismo dovette fare i conti con la realtà storica, tanto che al II° congresso dell’Internazionale Comunista dovette riconoscere “Nessuna situazione è senza sbocco” riferendosi alle sconfitte della classe operaia e seguiva “ma le sconfitte   del proletariato sono tappe intermedie dell’ultima fase del capitalismo”.

Questa concezione radicale di Lenin non poteva non essere avversata da Kautsky rappresentante del pensiero socialdemocratico tedesco. Per Lenin Kautsky era un rinnegato, mentre invece Kautsky accusava Lenin di aver rinnegato il marxismo.

Posizioni inconciliabili sul problema del come costruire il socialismo e sulla  vera interpretazione del pensiero di Karl Marx.

La polemica fra i due verteva su alcuni argomenti fondamentali: la natura della crisi apertasi con la guerra, quale era il compito della classe dirigente socialista internazionale per dare uno sbocco allo scontro fra la borghesia e il proletariato ed infine quale fosse la prassi corretta per la transizione fra il capitalismo e il socialismo.

Inizialmente sia Lenin che Kautsky erano convinti che la crisi del capitalismo avrebbe portato come conseguenza la rivoluzione proletaria. Nel 1909 Kautsky affermava “una rivoluzione è possibile solo come rivoluzione proletaria”. L’abbandono di queste posizioni radicali gli valse l’epiteto di “rinnegato” da parte di Lenin e Trotskij. Negli anni successivi Kautsky modificò il suo pensiero, anche alla luce degli avvenimenti storici che si erano verificati, prendendo atto della capacità dell’imperialismo di rigenerarsi e riuscire a superare le crisi anche grazie alla forza di richiamo su larghe masse della borghesia con particolare riferimento al cd. ceto medio.

Già nel 1906 in polemica con Rosa Luxemburg  e Pannekoek, che sostenevano posizioni radicali all’interno del movimento socialista tedesco,  Kautsky sosteneva che era impossibile distruggere l’apparato statale borghese e quindi il problema non era l’alternativa fra imperialismo o socialismo. Secondo Kautsky in Germania l’imperialismo aveva ampie basi di consenso nei ceti medio-poveri ed anche il sistema economico borghese si apriva a molteplici alternative.

Sulla base di questo presupposto, il filosofo tedesco elaborò la teoria del passaggio del sistema capitalistico dall’imperialismo ad una fase “ultraimperilistica” e di internazionalizzazione del potere economico nazionale: quello che oggi chiamiamo globalizzazione.

Nel suo saggio “Das imperialismus” abbozzava quella che fu la parte fondamentale della sua teoria e cioè che solo la crescita del consenso intorno ad un progetto socialdemocratico poteva privare il capitalismo del sostegno delle masse ed aprire le porte al socialismo.

Per Kautsky gli obbiettivi erano quelli di allargare la democrazia, difendere la democrazia, riconquistarla dove era stata soppressa.

E’ chiaro che per Lenin la teoria di Kautsky suonava come una bestemmia in quanto equivaleva a trasformare il marxismo “nella più disgustante e idiota teoria controrivoluzionaria”.

Il contrasto fra il vecchio maestro e il  rivoluzionario russo era sulla natura del dopoguerra e sui compiti del proletariato e della sua classe dirigente.

Per Lenin era giunto il momento  dell’abbattimento del sistema borghese e della presa del potere da parte del proletariato senza nessuna fase intermedia.

In “L’imperialismo fase suprema del capitalismo” Lenin sosteneva che il capitalismo non aveva più la forza di svilupparsi ulteriormente o di rigenerarsi e quindi non poteva esserci più la possibilità di una fase ulteriore del capitalismo.

Dobbiamo amaramente constatare il grave errore storico di Lenin che affermava perentoriamente “L’epoca capitalistica è l’epoca in cui il capitalismo ha raggiunto la sua maturità, è stramaturo e si trova alla viglia del crollo.  E’ maturo a tal punto da dover cedere il posto al socialismo.” Dopo oltre cento anni il capitalismo  “ultraimperislista” è ancora vivo e vegeto e continua a fare danni.

Le teorie di Kautsky secondo Lenin finivano “per negare i compiti rivoluzionari del proletariato”.

Kautsky che inizialmente aveva visto   con simpatia la rivoluzione bolscevica aveva auspicato che in Russia potesse nascere un regime democratico basato su un sistema parlamentare.

Viceversa per Lenin una repubblica parlamentare su basi democratiche era storicamente superata e politicamente reazionaria e la guerra civile era l’unico strumento in mano al proletariato per conquistare il potere.

A sua volta Kautsky riteneva l’analisi storica di  Lenin inaccettabile perché una guerra civile come strumento per la conquista del  potere da parte del proletariato era una contraddizione in termini ed essendo incompatibile con qualsiasi sistema democratico avrebbe portato come conseguenza una dittatura falsamente progressista.

Kautsky fu facile profeta quando previde che la distruzione dell’apparato statale, l’abolizione della separazione dei poteri  e la contrapposizione del sistema dei consigli alle istituzioni parlamentari a avrebbe generato un dispotismo conservatore ed antirivoluzionario da una parte ristretta del proletariato. 

Nel 1921 Kautsky affermò che alla definizione “dittatura del proletariato” andava sostituita la dizione “dominio del proletariato su base democratica”. Il socialismo si costruiva solo con l’unità politica e organizzata della classe operaia.

“ Il socialismo non potrà conquistare il potere se non quando sarà sufficientemente forte per mantenere la propria superiorità sopra gli altri partiti nel limiti della democrazia”.

Queste idee furono ferocemente contestate da Lenin, basando la sua polemica sulla convinzione che chi si oppone alla guerra civile non può che essere un sostenitore del mantenimento dell’ordine costituito e quindi “un agente della borghesia”; lo Stato costruito per mantenere al potere la borghesia doveva necessariamente abbattuto dalla guerra civile.

Afferma Lenin “tutti gli opportunisti e riformisti, ma anche tutti i kautskiani (gente che oscilla fra il riformismo e il marxismo) hanno rivelato di essere dei miserabili filistei e dei democratici piccolo-borghesi che negano la dittatura del proletariato”, La democrazia per il proletariato è inutilizzabile, l’unico strumento valido è la violenza rivoluzionaria perché, secondo Lenin, la democrazia corrisponde ad uno stato che conosce solo la sottomissione della maggioranza ad una minoranza cioè l’organizzazione sistematicamente esercitata da una classe contro l’altra.

Lenin e Kautsky rappresentano due visioni del marxismo assolutamente inconciliabili ancora oggi.

Bisogna domandarsi, come molti hanno fatto, quale fosse nella visione Kautskiana la funzione della classe intermedia a cui il filosofo tedesco guardava con ottimismo ritenendola capace funzionalmente di allearsi al proletariato e di assecondare la crescita della socialdemocrazia. La storia si è preoccupata di smentirlo.

Certamente Kautsky comprese meglio di Lenin la forza rigeneratrice del capitalismo, anche se non riuscì a prevedere il fascismo che stava nascendo in  Europa convinto che la classe operaia, specialmente quella tedesca fosse troppo forte per consentire la nascita di un regime reazionario.  Nel 1919, infatti, scriveva che in Germania non poteva affermarsi “una vera dittatura efficace, durevole, fattiva e capace di estendersi a tutto il paese”.

Il limite di Lenin fu che non comprese la forza rigeneratrice del capitalismo internazionale rappresentato in quel momento dall’America. Quando Lenin teorizzò “l’inevitabilità storica che si ripeta su scala internazionale  ciò che è avvenuto da noi “ , dimostrò di non aver compreso la forza del capitalismo e la sua mostruosa capacità di risorgere dalle sue ceneri. Le guerre di liberazione dal fascismo e dal nazismo non riuscirono a sconfiggere il blocco creatosi fra forze politiche e sociali reazionarie su scala planetaria, che non solo superarono le crisi che hanno avuto, ma soprattutto ebbero la forza di rigenerarsi e di sconfiggere la classe operaia.

Nel 1926 Otto Bauer pubblicò un opuscolo intitolato “La strada per il socialismo”. In questo opuscolo  Bauer proponeva una socializzazione dell’economia “Vogliamo il socialismo democratico …..questo sistema di autogoverno economico da parte del popolo richiede la partecipazione attiva e il coinvolgimento attivo delle masse”.  Nel programma di Linz il progetto politico di Otto Bauer, troppo presto dimenticato, fu approvato alla conferenza del partito socialdemocratico austriaco.

 Il compito dei socialisti è oggi di farsi classe dirigente per realizzare il socialismo attraverso il  rispetto delle regole democratiche tenendo conto che oggi più che mai la democrazia è in pericolo e le guerre in corso in più parti del mondo non rappresentano una crisi del sistema imperialista ma la sua massimo espressione.

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